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Bella capsula…bella casa – A casa di Angelo Pisani

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Una guest star nel nuovo episodio de “Le Chiavi di Casa”!

Angelo Pisani, attore, comico e uomo di spettacolo è stato ospite del podcast del Gruppo Tecnocasa.

Ascolta l’episodio su Spotify, Apple Podcasts e YouTube.

Puoi leggere qui la trascrizione dell’intervista.

 

Le Chiavi di Casa. Angelo Pisani

 

Bentrovati a una nuova puntata del nostro podcast, io sono Matteo Ranzini. Oggi abbiamo un ospite speciale: è un attore, un comico, un uomo di spettacolo e last but not least…un papà. Dopo aver parlato di dati, numeri, informazioni utili sul mondo della casa Babbo Natale ha deciso di regalarci una puntata più informale, leggera e divertente portandoci in dono Angelo Pisani! Bentrovato Angelo.

Buongiorno a tutti, mi sono stupito di essere tutte quelle cose belle che hai detto su di me.

 

Fra teatro, sketch, tv ha saputo conquistare il cuore del pubblico con ironia e talento. Oggi scopriremo degli aspetti della vita quotidiana di Angelo soprattutto in relazione ai temi della casa. Anche perché abbiamo intitolato la puntata “Bella capsula…bella casa”…forse qualcuno avrà già intuito perché…poi ne parleremo. Partiamo dal contesto generale: tu sei cresciuto e vivi tuttora a Milano, è il tuo posto nel mondo o hai altri luoghi che definisci “casa”?

Sono cresciuto a Milano da genitori meridionali, mio padre lucano mia mamma molisana. Amo la mia città per tutto quello che mi ha offerto. Quand’ero più giovane la amavo in maniera indiscriminata, diventando più “stagionato” ho incontrato verso i trent’anni un mio posto del cuore che è Bobbio in provincia di Piacenza e spero che quando mia figlia Agata avrà terminato il ciclo delle scuole superiori ci sia la possibilità di trasferirsi lì per periodi prolungati durante l’anno. Si trova a un’ora e mezza da Milano, in val Trebbia, una zona che ci piace molto.

 

Per te la casa è stata, oltre che un ambiente dove vivere, un palcoscenico? Un laboratorio quotidiano dove provare i pezzi, quello che poi dovevi portare sul palco o in tv?

Sì! Io ho iniziato scrivendo a casa i miei pezzi e leggendoli a mia madre. La cucina è il posto a cui sono più affezionato perché mi sedevo al tavolo e leggevo a mia madre i miei scritti mentre lei preparava il pranzo o la cena. E’ sempre stato, comunque, il luogo dove far partire le idee. Quando lavoravo con Marco (Silvestri) ognuno scriveva a casa propria e poi ci si ritrovava a provare, magari al pomeriggio al Laboratorio Scaldasole. Il centro di tutto però è sempre stato casa.

 

Tua mamma era uno spettatore critico?

Mi diceva, con molta sincerità, quello che non le piaceva. Mi ha anche insegnato ad accusare il colpo e a non affezionarmi troppo alle proprie cose, un consiglio che ho ricevuto poi successivamente anche dagli autori in tv e in teatro; ci sono battute che ti piacciono molto ma questo non significa che vadano sempre bene, è importante essere lucidi, difendere le proprie idee ma ascoltare il parere degli altri. La comicità ha questo grande vantaggio: il pubblico ti dice subito se qualcosa funziona o non funziona e come lavorarci.

 

Ho saputo che sei un gran divoratore di libri, ti piace molto leggere. C’è uno spazio della casa proprio tuo dove puoi concentrarti, estraniarti e dedicarti alla lettura?

Credo, arrivato a 51 anni, di aver trovato finalmente la “mia” casa. E c’è un angolo specifico della sala con una finestra vista terrazzo dove io mi siedo e magicamente tutto avviene. Devo aggiungere che io ho un rapporto conflittuale col sonno, da quando ho 14 anni dormo solo 4 ore a notte e in quell’angolo si ricrea la magia della lettura, di giorno e di notte. Tengo anche un block notes sempre sottomano per prendermi appunti e annotare idee…sono un po’ vecchio stampo e preferisco scrivere a mano piuttosto che con lo smartphone perché il solo movimento genera idee.

 

Sei ancora analogico…

Sì, però mi sono avvicinato alla tecnologia perché sono padre e capisco perfettamente che questa nuova generazione per esprimersi si avvale di questi strumenti…non sono contrario a prescindere, mi piace conoscere, informarmi.

 

Noi trattiamo il tema casa anche in senso laterale quindi ci piace sapere fra tv, cinema e teatro in quale ambito ti senti maggiormente “a casa”…

Sicuramente il teatro, anzi più precisamente il locale in cui io sono nato come cabarettista. Ogni ambito di espressione ha una sua verità ma il teatro ti dà la possibilità di seguire un flusso in tempo reale: senti il pubblico, cambi il tuo modo di raccontare in base all’atmosfera, alle reazioni, a me per esempio piace moltissimo improvvisare con il pubblico. Anche il silenzio ti dà il senso della presenza e dell’attenzione di chi sta in sala. Il cinema è molto stimolante perché è “a togliere” e soprattutto perché assomiglia molto ai giochi che facevamo da bambini: il regista spesso per preparare una scena ti dice “facciamo che…” prospettando un mondo immaginario. Ciascun’ambito, comunque, mi permette di tenere viva la mia parte infantile nella maniera più pura.

 

A proposito di pubblico, siamo in un’epoca di stand up comedians, questa relazione con il pubblico e la voglia di improvvisare è qualcosa di innato oppure ci sono tecniche specifiche?

La confidenza con il palco ti dà più sicurezza. Tuttavia, credo che di base l’improvvisazione abbia qualcosa di innato, di istintivo. Se non hai quel talento il pubblico si accorge subito se uscendo dal testo sei a disagio e non sai gestire la situazione. Si tratta, comunque, una tecnica che si affina col tempo.

 

Sempre a proposito di casa: c’era un bellissimo format che hai realizzato che si chiamava “Social Family” con sketch pensati e girati in ambiente domestico. Si raccontavano situazioni quotidiane divertenti…

Sì, era un format nato durante il Covid. Eravamo in casa con la mia ex compagna Katia e nostra figlia Agata e giocoforza eravamo costretti a passare molto tempo insieme fra le mura domestiche. Tutto è nato da un episodio divertente: Agata doveva fare un esercizio come compito e ha chiesto a noi due un aiuto…ma c’è stato il vuoto…e un divertente scarico di responsabilità. Da lì è nato un video poi diventato virale sui social, un’emittente televisiva ci ha chiamato proponendoci di realizzare vari sketch sulla stessa linea creativa. Abbiamo chiesto garanzie sull’autenticità, volevamo rimanere noi stessi con le nostre vicissitudini quotidiane. Abbiamo fatto più di una stagione coinvolgendo poi anche altre persone esterne ed è stato un bel format. Diciamo che il Covid, al netto di tutte le esperienze negative che ha portato, a noi ha permesso di riscoprire il calore del nucleo familiare e di vivere appieno la nostra casa.

 

Erano quindi situazioni vere…ricordo una puntata sul pigiama party…

Sì, ed era tutto molto spartano, i bambini della puntata pigiama party erano cuginetti di Agata, compagni di classe…

 

Angelo tu da oltre 30 anni per passione e lavoro fai ridere gli altri. Cosa invece ti fa ridere? Chi o cosa trovi irresistibilmente divertente?

I bambini. Perché hanno dei cambi di intenzione, passano da una cosa all’altra senza pensiero e preavviso. Vanno contro ogni regola del tempo comico e quell’inaspettato l’adulto non lo sa produrre o ripetere. Mi fanno ridere anche i comici molto “fisici”, Jacques Tati, Buster Keaton, Charlie Chaplin. E i comici surreali, maestri come Enzo Jannacci, Cochi e Renato, Felice Andreasi, lo stesso Francesco Nuti in ambito cinematografico. Personaggi che aprivano strade nuove ed inaspettate…come i bambini.

 

Guardando ancora per un attimo al passato volevo tornare a quando sei diventato famoso anche in tv con i “Pali e dispari”. Giocavate molto sullo slang, sul linguaggio dei giovani. Oggi come te la cavi tra inglesismi e nuovi modi di esprimersi?

Una delle più grandi soddisfazioni è vedere 12-13enni di oggi che ci fanno i complimenti perché hanno visto gli sketch dei Pali e Dispari di 20-25 anni fa…la qualità espressiva e la varietà terminologica che avevano Capsula e Nucleo sono ancora avanti rispetto all’attualità. Sento nuovi termini e modi di dire ma avverto una stagnazione…la creatività si è un po’ fermata…Ho una figlia di quasi 16 anni e a dir la verità dei ragazzini di oggi mi spiazza l’abbigliamento…sono tutti un po’ uguali con tuta e piumino…però sono un loro tifoso “a prescindere”.

 

C’è qualche termine nuovo che hai appreso magari da Agata?

Il suono “bro”…continuamente ripetuto per chiamarsi…è un po’ l’equivalente del nostro “zio”. Ti dico un’altra cosa: quando ho iniziato con i personaggi di Capsula e Nucleo che si esprimevano in modo così singolare ero anche un po’ imbarazzato perché sentivo quel linguaggio dagli altri ma non mi apparteneva…poi col tempo è venuto tutto più naturale.

 

Hai parlato di giovani, vorrei trattare un tema più serio ovvero del legame tra talento ed impegno. La tua storia conferma come il talento abbinato all’applicazione, al sacrificio, alla formazione, alla cocciutaggine generi un grande successo. Ma c’è stato un momento in cui hai pensato di non farcela e avresti mollato tutto? E cosa o chi ti ha fatto andare avanti?

Intanto credo che il talento da solo non sia sufficiente. Puoi avere il guizzo e durare 1-2 anni ma poi nell’ambiente della tv e del teatro ti perdi. Sono stato lucido nel momento in cui ho deciso di fermarmi e interrompere l’esperienza pluriennale insieme a Marco con Capsula e Nucleo, sentivo che in quel momento dovevo cambiare e spogliarmi del personaggio per cui tutti mi conoscevano e mi fermavano per strada. Il mio “non ce la faccio più” è coinciso con l’arrivo di mia figlia: dovevo partire per un tour teatrale di due anni ma ho deciso di fermarmi e fare il papà. La pausa è durata otto anni, tutti si sono dimenticati di me ma io avevo bisogno di quello.

 

Questo intermezzo da papà ti è “servito” per costruire uno spettacolo ancora in scena…

Sì, io avevo un diario in cui scrivevo episodi e sensazioni personali legati alla figura paterna. E quando raccontavo agli amici questi episodi scatenavo ilarità in tutti. Questo diario è diventato prima una serie di articoli sui giornali, poi un libro e infine uno spettacolo con il quale sono in tour, che si chiama “Habemus papà”.

 

Ed è solo uno dei tuoi progetti…

Sì, abbiamo iniziato da poco un progetto a cui tengo moltissimo. Abbiamo aperto una pagina Instagram che si chiama Slip&Strip dove si affrontano termini legati alla sfera sessuale. L’ho sentito come qualcosa di divertente ma anche necessario perché ho una figlia adolescente e viviamo in un paese in cui l’educazione sessuale è ancora un tabù. L’idea è quella di fare informazione in maniera seria ma anche ironica e da febbraio 2026 di portare a teatro questo progetto. Io sarò il presentatore, a teatro, di un quiz sulle tematiche sessuali e i concorrenti verranno scelti mediante candidatura dal pubblico. Coinvolgeremo ragazzi e genitori, personalmente tengo molto a far passare il messaggio che l’amore non ha vincoli e va rispettato in tutte le sue forme.

 

Chiudiamo con qualcosa di divertente e malinconico…se potessi tornare agli esordi al Laboratorio Scaldasole e dare un consiglio al giovane Angelo Pisani che stava per salire sul palco cosa gli diresti?

Di fare di tutto perché Scaldasole non termini. Quel tipo di fermento e divertimento non l’ho mai più provato. Se pensiamo ai comici prodotti da quel laboratorio ne capiamo la dimensione e il valore: Fabrizio Fontana, Gianluca De Angelis, io e Marco Silvestri, Geppi Cucciari, Katia e Valeria…e molti altri. Zelig ha dato visibilità a tutti questi artisti ma Scaldasole li ha generati…Io a 21 anni studiavo, avevo una fidanzata e giocavo a calcio e a 22 anni Scaldasole mi ha stravolto la vita…in positivo.

 

Quindi invitiamo la gente a godersi la casa ma anche ad uscire…potrebbero nascere nuovi Laboratori Scaldasole…

Credo che ciascuno porti fuori ciò che comunque è in casa…che cosa seria che ho detto…uscire, vedere altre persone genera incontri e relazioni e fa bene.

 

Angelo grazie per essere stato con noi.

Grazie a voi!