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Il Fondatore – intervista con Oreste Pasquali

Categorie: Podcast

PUNTATA 09 DI “LE CHIAVI DI CASA”, UN PODCAST DEL GRUPPO TECNOCASA

Nella puntata di oggi abbiamo un ospite d’eccezione, il Fondatore del Gruppo Tecnocasa, Oreste Pasquali.

In questa rara intervista, condivide con noi la straordinaria avventura professionale che l’ha portato a costruire il più importante franchising immobiliare europeo.

Nell’intervista con Matteo Ranzini racconta gli inizi nella bassa bresciana degli anni ’50, le prime esperienze imprenditoriali, curiosità, sfide e successi, sempre con lo sguardo rivolto ai giovani e al futuro.

Di seguito la trascrizione della puntata.

 

Bentrovati a una nuova puntata del podcast “Le Chiavi di Casa”, io sono Matteo Ranzini e oggi è un appuntamento speciale per il nostro podcast, perché come ospite abbiamo il Fondatore del Gruppo Tecnocasa, il dottor Oreste Pasquali, bentrovato.

Grazie.

Dottore, questo è un appuntamento speciale per raccontare un po’ del gruppo, ma soprattutto per raccontare tante curiosità, le sfide, le esperienze e i successi di un pioniere del mercato e del mondo immobiliare. Partirei proprio dagli albori, prima della nascita del Gruppo. Ci risulta che lei da bambino e da ragazzo avesse già una scintilla imprenditoriale. Ci può raccontare qualche esperienza di quel periodo?

Sono nato in un paese di 3000 abitanti della bassa bresciana, più vicino a Verona che a Brescia, al confine col Veneto. Quindi bisogna pensare che eravamo negli anni ‘50 e bisognava darsi da fare, bisognava guadagnare qualche soldino. Quindi io commerciavo un po’ in ferro usato e raccoglievo l’ottone. Quando c’erano le fiere di paese le persone depositavano biciclette e “birocci” nello stallo. Le macchine erano poche, c’era qualche motocicletta e io praticamente curavo i mezzi di trasporto mentre le persone andavano a far visita agli stand, alle fiere.

Insomma, è stata una primissima attività…

Mi davo da fare per guadagnare qualcosa…

Nella sua giovinezza, Dottore, ci sono state delle figure che le hanno insegnato il valore del lavoro, dell’impegno?

Sì, io sono stato fortunato perché ho avuto dei datori di lavoro, i signori Saccani, che avevano una attività inerente la vendita di bibite; lavoravo 2-3 mesi all’anno durante la primavera/estate e ho imparato molto da loro: l’attenzione al lavoro, l’impegno, la serietà verso il cliente. Ecco questo accadeva quando vivevo nel paese a Pozzolengo. Poi quando sono andato ad abitare a Milano, nel 1956, avevo 14 anni, il mio datore di lavoro era il signor Cattaneo che aveva un’officina di minuteria; successivamente ho lavorato anche per il signor Abbiati che faceva l’esposizione di vestiti nelle aziende. Gli operai e gli impiegati delle ditte in cui facevamo le esposizioni compravano dalle 12 alle 13 e anche nell’orario in cui andavano a Messa. Venivano in negozio a comprare al sabato, alla Novatex, che vendeva vestiti a rate.

Dottore, ho letto da qualche parte, in una pubblicazione che riguarda il Gruppo, che la signora Saccani (torniamo alle bibite e affini) preparava dei panini succulenti…

Si, avevo capito che aveva una preferenza nei miei confronti rispetto agli altri ragazzi perché io mi impegnavo molto, ero sempre disponibile, davo il massimo. I datori di lavoro che ho avuto quando ero ragazzo mi volevano bene, mi apprezzavano ed ho imparato anche molto da loro: il rispetto verso il cliente, l’impegno lavorativo, la serietà, la precisione negli orari. Questi anni sono stati una bella palestra…

Dottore, poi è avvenuto il salto verso la città. Stiamo ripercorrendo questo film della sua vita e siamo agli anni dell’Università, periodo nel quale tra l’altro, lei ha inventato qualcosa di particolare che poi è rimasto nel tempo…è stato uno dei fondatori del mercato del libro usato.

Ero con altri ragazzi ed avevamo una società con uno stand. E così mi occupavo di questo mercato del libro usato nei mesi di settembre ed ottobre. L’ho fatto per anni, mi sono sempre mantenuto gli studi, guadagnavo bene. Abbiamo portato il mercato dei libri su scala industriale.

Tra l’altro c’erano anche dei ruoli precisi tra voi…

Sì, c’erano dei ruoli. I ragazzi che lavoravano nel mio stand cominciavano col grado di galoppino, poi diventavano scagnozzi. Se erano bravi, se portavano risultati, li associavamo.

E’ stato un po’ l’embrione di quello che oggi troviamo anche a Milano, nelle città, “Il libraccio”…

Sì…era un embrione del Libraccio… già allora pensavamo di organizzare su scala nazionale un mercato che durasse tutto l’anno tramite negozi. Oggi il Libraccio è abbastanza diffuso in tutte le città italiane. Mi pare che abbia un centinaio di punti vendita e fatturi più di 100 milioni all’anno. Direi che è una realtà che ha fatto molta strada.

Abbiamo parlato degli anni dell’infanzia, della giovinezza, dell’università. Ma poi come è avvenuto il passaggio al mondo immobiliare?

Ho iniziato con un amico che lavorava in un’agenzia immobiliare e abbiamo aperto questa piccola agenzia in corso Magenta 32 a Milano, al terzo piano. L’ho fatto per una decina d’anni e poi ho fatto nascere Tecnocasa.

Che cosa la affascinava in questi primi momenti di questo mercato e di questa professione?

L’intermediazione è un settore che mi ha sempre affascinato. Ricordo che quando ero ragazzo mio zio mi portava, qualche volta, nei mercati e rimanevo affascinato dai mediatori. Lo chiamavano “il Mediatur”, il mediatore vecchia maniera. Ero affascinato da questi personaggi, probabilmente era destino…avrei dovuto fare il broker, l’agente immobiliare.

Questi personaggi, simili ad imbonitori, però avevano una presenza e una grande capacità commerciale…

Riscuotevano un grande rispetto, gli affari si facevano sulla parola, si davano la mano e rispettavano gli impegni, non c’era bisogno di scrivere…

Fantastico.

Era gente di di parola, qualche furbo c’era anche allora, ma in generale si trattava di gente di parola. Mi affascinavano molto queste persone, anziane, col cappello, il Tabarro d’inverno; erano bei personaggi, li guardavo con molta attenzione… probabilmente dovevo fare per forza l’intermediario…

Nasce poi Tecnocasa. Stiamo parlando della fine degli anni ’70…e tra l’altro, per chi non ne fosse ancora venuto a conoscenza, ci racconta le origini del nome e dell’idea, anche visiva, del marchio?

Il nome Tecnocasa è nato improvvisamente. In quel momento osservavo la Tecno di Formula Due, vettura con cui correva Clay Regazzoni ed improvvisamente abbinai Tecno a Casa e pensai: suona bene questo nome…

Suona bene e suona ancora bene. Ma è vero che il marchio aveva un colore diverso?

C’è stato un momento in cui è stato marrone ma subito l’abbiamo trasformato in verde, colore rassicurante che comunica tranquillità…fa pensare ai prati verdi…ecco perché nacque così…

Il gradino successivo fu l’invenzione del franchising immobiliare, stiamo parlando del 1986.

Arrivò l’idea del franchising immobiliare dopo aver aperto 60 uffici. Il progetto era dedicato ai giovani, perché io introducevo solo ragazzi che non avessero mai fatto l’agente immobiliare. Aprimmo una sessantina di uffici in cinque anni e mezzo tra Milano e dintorni. La formula del franchisor fu una scelta per dare l’opportunità a questi giovani in gamba di avere un ufficio di proprietà.

Era un’assoluta novità, però dove ha trovato questa idea?

Osservando i modelli americani, tipo McDonald’s. La formula del franchisor è un contratto atipico ed in Italia non era poi così sviluppato. Ho inteso dare molta trasparenza alla professione dell’intermediatore.

Un’altra novità era la visibilità su strada…

Sì, la scelta di portare gli uffici su strada avvenne perchè la gente nel quartiere, nei paesi, ci vedesse. C’erano tanti mediatori improvvisati, anche qualche filibustiere che si nascondeva con l’ufficio. Ho pensato: se porto l’ufficio ben visibile nel quartiere, in strada, acquisterò molta più credibilità.
Fu importante anche la scelta dei giovani: quando andavo ad acquisire mi sentivo spesso dire dalla gente che non avrebbe più voluto avere a che fare con le agenzie immobiliari. In passato capitava di frequente e quindi decisi di non affidarmi a persone che già svolgevano questa professione ma di avviare dei giovani, per dare loro una precisa impostazione professionale.

Dottore, dal ‘79 ad oggi, in questa meravigliosa avventura, immagino che avrà avuto delle difficoltà, dei momenti anche di sconforto, ma c’è stato un momento che le pareva di una difficoltà insormontabile e poi invece è stato superato?
Le difficoltà ci sono state, però io penso, e lo dico sempre anche ai ragazzi giovani, che se si crede in una cosa tutto è possibile. Tante volte anche l’impossibile diventa possibile. Però bisogna crederci, in quanto credere ti aiuta a superare tutti gli ostacoli. Ne ho avuti sicuramente parecchi, di momenti non facili, però io non me li ricordo più perché guardo sempre avanti.

A proposito di giovani, lei partecipa periodicamente a degli incontri nelle agenzie, nelle aree e incontra tanti giovani. Come le sembrano? Che sensazione le danno e cosa le chiedono?

Siamo alla generazione Z … io penso che i giovani, nonostante quello che si dice, sono sempre migliori degli altri, il mondo è sempre andato avanti. Ho sempre avuto una predilezione per le nuove generazioni e vedo dei ragazzi in gambissima. Questa generazione è veramente in gamba, come erano in gamba le generazioni passate. Diciamo che i giovani bisogna interessarli, bisogna farli appassionare al lavoro, a una professione bellissima come questa.

E, aggiungo, fornire loro delle opportunità…

Esatto, parlare loro delle opportunità, bisogna incoraggiarli. Da 45 anni cresciamo giovani, oggi ci sono ragazzi molto in gamba, ragazzi ma anche ragazze, perché ultimamente abbiamo introdotto molte donne. Abbiamo affiliato parecchie donne oggi.

La componente femminile è in grande crescita.

La componente femminile sta crescendo, ci avviciniamo a modelli americani e inglesi. Ma anche in Germania, ad esempio, il 50% delle agenzie immobiliari è composto da donne. Insomma, ce ne sono di molto brave ed equilibrate.

Volevo tornare al gruppo per un attimo. Negli anni questo gruppo è cresciuto, si è evoluto e si è anche ramificato con aziende complementari, con servizi evoluti. C’è un momento e una novità, una nuova parte di questo gruppo che è nata, che le ha dato una soddisfazione particolare o che aspirava a creare e ha detto: ce l’abbiamo fatta, abbiamo creato anche questo?

Il servizio finanziario, perché è nato per dare un servizio aggiuntivo a chi necessitava di un aiuto finanziario per comprare casa. È nata una professione.

Stiamo parlando dei primi anni ‘80.

Sì, primi anni ‘80, poi una quindicina d’anni fa hanno normato il settore con la legge 141. Direi che il servizio finanziario ha dato possibilità a tanti giovani in Italia, pensi che solo noi abbiamo nel gruppo 1000 agenti specifici in questo segmento.

Oggi si chiama Kìron, alla nascita si chiamava Pegasofin…

Pegasofin prima e poi Kìron perché quando abbiamo aperto in Spagna all’ufficio mercantile spagnolo era già registrata una Pegaso. Abbiamo quindi cambiato nome. Offriamo una consulenza importante per dare una mano a chi sta cercando casa.

Dottore, passiamo a qualche curiosità. Lei ha lavorato e continua a lavorare molto, ad essere molto impegnato, però avrà dei momenti di relax in vacanza…ma è vero che va a visitare le agenzie del gruppo anche quando è in vacanza?

Sì, ho già il programma, anche quest’anno.

Ah proprio una scaletta…un calendario…

Sì, vado in Sardegna, ho appuntamenti già fissati…ci sono agenzie in qualsiasi parte dell’Italia io vada… anche in Spagna c’è un ufficio del gruppo in ogni territorio e io devo andare per forza a vedere.

Ma li avverte prima oppure è una sorpresa?

No, generalmente avverto, ma poi faccio anche delle sorprese. Mi piace stare in prima linea, mi piace stare con i ragazzi.

E’ importante anche per tastare anche il polso della situazione…così all’improvviso…

Sì e poi mi piace stare con i ragazzi…i giovani mi danno tanta energia.

Ha parlato di territorio, di Italia, ma il gruppo oggi è una realtà di respiro internazionale, diffuso in 9 paesi nel mondo. Personalmente quali riscontri riceve dall’estero? E ci racconta che sensazione ha di questa presenza globale del gruppo?

L’intermediazione si fa dappertutto. L’importante è parlare le lingue…questo per me rappresenta il problema più grave, mi devo avvalere dell’interprete e non ha lo stesso effetto rispetto alla propria linguamadre…ci stiamo arrangiando.

Lei però tiene interventi anche ai convegni all’estero…

Sì, in spagnolo. In Spagna ci sono un migliaio di uffici…diciamo che con lo spagnolo me la cavo…

Dottore pensare che questa avventura sia iniziata a Pozzolengo e oggi sia in Germania o in Messico addirittura fa sensazione…

Sì, ma l’intermediazione immobiliare c’è dappertutto. In tutti i paesi si vendono immobili, l’intermediario c’è sempre, si adegua alle normative locali, che poi non è che cambino molto. Sì, siamo in Messico, con circa 200 uffici. Io ci sono stato un paio di volte a Città del Messico, si lavora anche lì, si lavora dappertutto.

Si lavora. Dottore, quattro anni fa c’è stato un evento che ha cambiato un po’ tutti noi, ha mutato le dinamiche personali, sociali, economiche. Sto parlando della pandemia. Che cosa ricorda di quei giorni? Ha avuto paura per il futuro della professione e del gruppo?

Non ho avuto neanche un po’ di paura, ho tranquillizzato tutti. Ho detto: state tranquilli, ce ne stiamo un paio di mesi a casa. Tenete i contatti con i clienti…a loro farà piacere…vedrete che poi si ritornerà a vendere e comprare come prima. Cosa è successo, in sostanza? Che l’80% delle agenzie nell’anno della pandemia, con due mesi di chiusura forzata, ha prodotto più risultati che nel 2019. Questo significa che chi si dà da fare ottiene risultati. Penso anche che ci abbia aiutato il fatto di far parte di un grande gruppo dove ci si aiuta a vicenda. Non ci siamo abbattuti, i nostri affiliati sono rimasti tranquilli…io ci parlavo tutti i giorni al telefono, almeno 5-6 ore al giorno…ci siamo sostenuti a vicenda. Ho assistito a numerose fasi cicliche del mercato…e ora ho vissuto anche la pandemia…

Abbiamo sperimentato anche quello…

Ho sperimentato anche quello…Forse Tecnocasa è a prova di bomba…supera tutte le difficoltà perché ha lo spirito giusto…

Dottore lei è presidente di alcuni CDA del gruppo e consigliere in altri, è davvero molto impegnato, ma che cosa fa nel tempo libero, nei momenti che dedica a sè stesso e alla famiglia? Ha degli hobby particolari?

La famiglia è ormai un tutt’uno con il lavoro essendo totalmente coinvolta in Tecnocasa…io mi diverto, ogni sabato, a visitare gli uffici, ad incontrare i ragazzi. Per me è un giorno di vacanza…

Al di là di questi momenti, che sono un po’ lavoro e un po’ vacanza, ha delle passioni? Le piace lo sport?

Mi piace lo sport, sono anche io un tifoso di calcio, mi piacciono tutti gli sport in genere. Ho, poi, i miei interessi particolari: mi piace leggere qualche libro, in particolar modo mi affascinano le storie dei personaggi importanti. Il mio tempo è comunque quasi totalmente dedicato al Gruppo Tecnocasa…come si dice sono sempre sul pezzo.

Questo podcast si chiama “Le Chiavi di Casa” e quindi la casa rappresenta l’elemento centrale, per noi italiani in particolare ha un significato speciale. Dove lei si sente a casa? C’è un posto, un luogo, una suggestione?

Mi sento a casa quando entro in un ufficio del gruppo. Ovunque esso si trovi.

È un luogo privilegiato, insomma, possiamo dire protetto. Lei è stato un pioniere, tante persone sono cresciute con e grazie a lei, l’azienda è cresciuta e lei ha parlato sempre di sfide, di momenti in cui non buttarsi giù. Qual è la sfida più grande che oggi scorge all’orizzonte per il gruppo?

Aumentare la qualità della professionalità. Sono convinto che in Italia il nostro non sia un settore adeguatamente normatizzato…non è mai stato radiato un agente immobiliare che io ricordi, e io ne radierei un bel po’…

Serve ancora un passaggio, un ulteriore step verso una maggiore professionalizzazione.

Sì, sono convinto che in futuro il nostro settore sopravviverà, la nostra professione non verrà rimpiazzata dalle tecnologie perché rimane una professione dove il cliente ti deve vedere, ti deve parlare. Per questo occorre essere un professionista a 360°, anche perché teniamo presente che il cliente è molto cresciuto. E la crescita del cliente, lo dico sempre ai ragazzi negli incontri, ha fatto crescere anche la nostra professione. Ha qualificato e qualifica molto di più. È una fortuna la crescita del cliente secondo me.

È un messaggio, questo, che parte da tanti anni fa e arriva fino ad oggi. Insomma, era anche il suo primo intento, quello di dare sempre più professionalità a questa figura. E l’ha mantenuto come stella polare.

Sì, perché il mio sogno è sempre stato questo. Quando andavo ad acquisire mi sentivo spesso dire “no agenzia perché ho già fatto una cattiva esperienza”. Ho un sogno che mi accompagna da sempre: formare i migliori professionisti nel settore immobiliare. E la generazione Z, in particolar modo, è un’ottima generazione.

E con questo messaggio direi che possiamo chiudere al meglio questo appuntamento, questa chiacchierata. La ringraziamo di cuore per per questa presenza. Grazie dottore.

A voi.

E grazie a chi ci ascolta, a chi lavora nel gruppo, a chi ci segue. Speriamo che possa ritornare ai nostri microfoni per raccontarci altre curiosità. Quindi l’invito è a tornare al podcast.

D’accordo.

 

Per domande o proposte relative ai contenuti del nostro appuntamento potete scrivere a social@tecnocasa.com.