Il 2016 ha segnato la prima tappa nell’introduzione di nuovi strumenti volti a facilitare lo smaltimento dell’enorme carico di procedure esecutive immobiliari e la connessa gestione consensuale delle vendite degli immobili ipotecati che altrimenti sarebbero oggetto di aste giudiziali. Il d.lgs. 72/2016, che recepisce una direttiva europea, introduce una riforma articolata su due binari: uno riservato ai consumatori e ad oggi in attesa delle disposizioni di attuazione e l’altro destinato agli imprenditori con finalità di accelerare il recupero crediti, da una parte abbreviando la durata del processo esecutivo e dall’altra favorendo la risoluzione delle pendenze attraverso l’utilizzo di strumenti stragiudiziali.
Per i soli imprenditori è prevista la facoltà delle parti di sottoscrivere unitamente al contratto di finanziamento un accordo accessorio che disciplina il trasferimento della proprietà di un immobile sospensivamente condizionato all’inadempimento rilevante del debitore come richiesto dalla riforma in oggetto.
L’accordo può essere sottoscritto successivamente alla stipula del contratto di finanziamento, addirittura in pendenza di una procedura esecutiva. In quest’ultimo caso è opportuno fare una precisazione: se l’esecuzione è iniziata a seguito della risoluzione del contratto di finanziamento, dato il carattere accessorio dell’accordo, si ritiene che non sia più possibile concordare il trasferimento della proprietà come conseguenza dell’inadempimento di un contratto non più esistente. Al contrario, nel caso in cui sia iniziata un’azione esecutiva per ottenere il pagamento di alcune rate scadute a fronte di un ritardo che non ha determinato la risoluzione del contratto, è possibile procedere alla rinegoziazione di quest’ultimo ed introdurre l’accordo volto a trasferire la proprietà del cespite. Da ciò consegue un ulteriore problema in merito alla natura della “rinegoziazione”. Se questa avesse carattere novativo ossia sostitutiva dell’originario rapporto, invero, si dovrebbe concedere un nuovo termine al debitore per adempiere l’obbligazione; nel caso in cui, invece, questa rinegoziazione fosse vista semplicemente come una modificazione quantitativa delle condizioni, non modificherebbe l’originaria obbligazione.
Ma quali implicazioni pratiche ha l’adesione ad una corrente di pensiero invece che ad un’altra? Nel primo caso il mutuatario già inadempiente verrebbe ripristinato nella situazione originaria (in bonis), e la proprietà del bene verrebbe trasferita al creditore solo a fronte di un nuovo inadempimento; nel secondo caso, invece, l’intermediario potrebbe chiedere l’acquisizione della proprietà del bene in qualunque momento in quanto l’inadempimento, purchè avente i caratteri di gravità richiesti dalla norma, si è già concretizzato. Tuttavia riteniamo abbastanza improbabile che il mutuatario in difficoltà non tenti una rinegoziazione volta a rinviare, per quanto possibile, la perdita della propria abitazione. Ovviamente, ove il prezzo al quale il bene viene trasferito, da determinarsi in base ad una valutazione rimessa ad un terzo indipendente, fosse superiore all’ammontare del credito, la differenza positiva resterebbe a vantaggio del debitore.
Come già detto, però, questa norma si applica solamente alle imprese. La normativa regolatrice dei rapporti tra istituiti di credito e singoli consumatori resta in attesa della disciplina di dettaglio demandata alle disposizioni attuative la cui emanazione era prevista entro febbraio 2017.
In attesa che venga colmato il vuoto normativo, gli operatori di settore non sono rimasti a guardare ma hanno affinato strumenti operativi rivelatisi di straordinaria efficacia per la soluzione di problematiche connesse a finanziamenti in sofferenza garantiti da beni immobili. Una rete immobiliare ben radicata sul territorio ed un capace network attivo nei servizi di mediazione creditizia adeguatamente coordinati da operatori specializzati in gestione del credito problematico riescono in maniera sinergica ad ottenere risultati che individualmente sarebbero difficilmente perseguibili.
A fronte della sempre maggiore sensibilità degli istituti bancari e degli organismi di vigilanza dell’intero sistema verso soluzioni di definizione stragiudiziale che contengano i costi e le tempistiche di recupero e della crescente esigenza di trovare soluzioni non convenzionali che evitino il deprezzamento del cespite ipotecario conseguente ai vari tentativi di vendita in asta, il ruolo di soggetto indipendente che supporti il singolo consumatore nella vendita consensuale, ad un valore di mercato, della garanzia immobiliare e nella ricerca di una soluzione abitativa alternativa, diventa il perno intorno al quale ruotano i protagonisti di una tematica, le sofferenze bancarie, divenuta la più preoccupante e discussa degli ultimi mesi.
Un ruolo che non poteva vedere indifferente il Gruppo Tecnocasa e nello specifico la funzione interna di Advisory dedicata ai servizi di consulenza a banche ed investitori Istituzionali. Le risorse legali impiegate nella nuova società Res Credit Management S.p.A., tengono le fila dell’articolato processo che intercorre tra la banca creditrice e il debitore in difficoltà nel ripagare il mutuo, riconoscendo alla società il ruolo di terzo indipendente. In collaborazione con le agenzie Tecnocasa e Tecnorete sul territorio. Determinato tramite la rete immobiliare un valore di mercato condiviso tra le parti, si innescano le attività di promozione commerciale, supporto finanziario all’acquirente per l’acquisto del cespite in garanzia e, se del caso, al venditore per la ricerca di una nuova soluzione abitativa resa possibile dallo stralcio della pendenza debitoria e da una posizione creditizia tornata integra.
In conclusione, la riforma descritta procede nella giusta direzione verso la ricerca di soluzioni alternative alla gestione delle sofferenze bancarie tramite le aste giudiziali seppure, a nostro avviso, potrebbe risultare di scarso supporto per la riduzione del numero di esecuzioni in essere. Quest’ultime infatti sono il risultato della preventiva risoluzione del contratto di finanziamento, che sembra rappresentare un ostacolo alla conclusione di un accordo che porti alla definizione della pendenza tramite trasferimento consensuale della proprietà del bene immobiliare. Resta da capire se il modello verrà replicato per la categoria dei consumatori eventualmente adottando soluzioni che contengano le criticità finora emerse da una prima analisi dell’istituto.
Fonte: Gruppo Tecnocasa